martedì 5 ottobre 2010

Silvio Rosa Teo e Teresa Colussi Oliva

Coniugi. Nati rispettivamente il 20 marzo 1910 a Borgo Cudili, località Colvere, frazione di Frisanco (PN) e il 24 novembre 1907 a Poffabro (PN). Residenti in Borgo Cudili.

Nastro 1998/12 - Lato B                             19 maggio 1998

Abitano in una caratteristica antica casa, dove una colonna riporta anche una scritta, da decifrare. Casa con i "paói", ballatoi in legno che servivano per mettere il fieno ad asciugare e conservare. Un borgo ormai spopolato.

SRT (= Silvio Rosa Teo). [...] Quando sono venuti i tedeschi posso dire una cosa: che la mia mamma mi ha dato sei sette galline che avevamo noi e mi ha detto vai su un buco qua dietro la casa, perché vengono e mangiano tutto.
Difatti ne erano rimaste ancora due-tre galline, nel pollaio, sono arrivati due militari, le hanno prese e le hanno messe nella "caldaia" e uno con la gavetta beveva il brodo, mentre bollivano. 
Fame!
Però le sei galline che ho nascosto non sono riusciti a trovarle. Erano dentro ad un fossato, alto. Le ho portate con una gerla e le ho tenute finché i soldati sono stati là poi, quando loro sono andati via verso Maniago, io sono ritornato e le ho rimesse nel pollaio.
Quando hanno perso la guerra i tedeschi sono ritornati indietro. Con un asino, una mitragliatrice e 25-30 uomini sono passati per questa strada.
Mia mamma ha detto andiamo a veder che adesso arrivano i militari nostri, gli italiani. Allora non c'era la galleria, e su quell'ultimo ponte ("il terzo ponte") abbiamo trovato un soldato italiano che veniva avanti con una motocicletta e ci ha chiesto:
- Avete visto i tedeschi?
- Eh, sì, sono andati.
- Beh, han perso la guerra!
I tedeschi, mentre scappavano con l'asino non ci hanno fatto niente.
Quando invece venivano a portare la posta - perché c'era anche a Poffabro un po' di comando - mangiavano i córnoi [frutti del corniolo - cornolàr, Cornus Mas]. È una pianta selvatica che fa dei "bromboletti" rossi, che li si può mangiare. È una pianta del bosco e con quei frutticini si può fare anche il vino: si mettevano su una bottiglia, faccia conto mezzo kilo di questi cornoletti, con due litri d'acqua e veniva fuori un vino speciale, una bevanda non alcolica di colore rosso.
I tedeschi, quando venivano su a piedi da Maniago e trovavano questa pianta, prendevano i frutti - che hanno un ossetto dentro - e li mangiavano. C'è ancora una pianta di quel tipo, di là del torrente. Adesso i frutti ci sono, ma sono ancora verdi, vengono rossi più tardi.
I tedeschi venivano solo a controllare. A Poffabro c'era il comando e anche a Frisanco. Venivano solo a guardare se potevano trovare qualche cosa da mangiare.
Poi qua c'era uno della Bassa Italia. Siccome nella ritirata certi militari che dovevano andare in Bassa Italia sono rimasti nelle case, non so se mi spiego, hanno fatto confidenza e gli si dava da mangiare, anche se ce n'era poco anche per noi. Ma loro non stavano senza far niente, facevano un gerlo, dei rastrelli per tirare il foraggio, quello che sapevano fare.
Quando venivano i militari tedeschi, gli si diceva: «Guarda che ci sono i tedeschi» e loro andavano nel bosco.
Non erano come i partigiani, non erano armati: stavano solo nascosti.
Non li si chiamava proprio disertori, perché erano rimasti indietro quando c'era stata la ritirata, e hanno dovuto nascondersi qui.
Noi non si diceva niente, era come fosse un morto. Non sapeva nessuno che ce n'era uno qua, uno nel borgo Polazzi, uno nel borgo [...]. Nessuno sapeva che c'era. Noi lo sapevamo tutti che c'erano questi soldati italiani, ma i tedeschi non lo sapevano.
Qua nel borgo di Cólvere saranno stati un 5-6. A Poffabro ce n'erano di più, anche se c'era il comando tedesco. Stavano su sulla montagna, avevano fatto come una trincea e quando si accorgevano che venivano i tedeschi, allora andavano su e si nascondevano.
Alcuni erano proprio da Poffabro «erano rimasti indietro», non hanno fatto apposta, non hanno fatto in tempo. [I testimoni lo dicono con convinzione].
Per non farsi prendere dai tedeschi e andare in guerra sono rimasti nascosti nel bosco. Hanno buttato via tutte le divise italiane e si sono vestiti da borghesi: vestiti, camicie, quello che capitava. Sono stati alla macchia, non disertori: non hanno fatto in tempo a passare.
TCO (= Teresa Colussi Oliva). Invece a casa mia erano passati in 4-5, durante la ritirata e ci avevano lasciato due tre bei pezzi di carne che avevano con loro e che non avrebbero potuto portarsi avanti. Poi hanno proseguito nella ritirata. Sono arrivati i tedeschi il giorno dopo e hanno portato via tutto.
SRT. Il fratello mio, classe 1999, ha fatto in tempo verso Maniago Libero, durante la ritirata, ad incontrare dei parenti che erano di laggiù e a dir loro di avvertire la famiglia che stava per ritirarsi.
TCO. "Classe 1999", c'era una canzone che faceva: «General Cadorna, capo degli assassini, chiama il '99 che sono ancor bambini.» 
SRT. Mio fratello era alpino ed era stato prima sul fronte ad Osoppo. Invece di venire qua e fermarsi, quando era a Maniago ha continuato per la sua strada verso il Piave. Aveva sullo zaino una forma di formaggio che gli aveva dato sua mamma due giorni prima. Per fortuna aveva quella, perché una pallottola ha forato la forma di formaggio e così non lo ha preso. Questo è successo dopo Maniago Libero, verso Montereale. [...]
È passato per Poffabro – sulla strada che va a Pala Barzana – lo Stato maggiore italiano. Siamo andati a contare le macchine e abbiamo contato 110 macchine, automobili come erano quella volta, piene di ufficiali dello Stato Maggiore. A Pala Barzana non c'era la strada bella come è adesso.
A Pala Barzana è morto anche un italiano, comunque poca roba, poca resistenza.
TCO. Ricordo solo che sono venuti avanti [i tedeschi, a Poffabro]. Siamo venuti tutti in piazza.
Noialtri avevamo una stalla, fuori, e vi avevamo portate le bestie perché un tedesco aveva detto a un mio zio che sapeva parlare il tedesco – perché era stato a Vienna tanti anni: «Portale via le mucche, perché sono pieni di fame e ve le ammazzano e ve le mangiano tutte».
Tutto uno squadrone di tedeschi ... a casa mia hanno cucinato una mucca e un maiale e l'hanno mangiati là in casa. Poi sono andati in camera, hanno tirato giù le lenzuola dal letto, nel comò sono andati a prendere le lenzuola pulite e ci hanno detto: «Questa sera qui dorme il comando.» E noi siamo andati a dormire nel fienile.
Però non hanno rubato niente. Avevano fame loro, pensavano solo al mangiare. Il giorno dopo se ne sono andati.
C'era l'albergo a Poffabro – l'albergo di Pièri – e là vi hanno messo il comando. Dopo si aveva sempre paura perché venivano sempre per le case a veder se trovavano qualche cosa.
Ah, io ho patito la fame in quella guerra; in questa, l'ultima, no.
SRT. Anch'io ho patito la fame, ma anche adesso in questa guerra l'ho patita.
Quando è finita la prima guerra è venuto un medico americano a Maniago in via Roma dove c'è un barbiere. C'era questo medico americano e mia mamma ha detto a mio papà: «Lo portiamo giù» ... per vedere se poteva farmi qualcosa, perché si mangiavano peteràti, cioè un'erba che cresce sul campo, come il radicchio e se non c'era altro la si tagliava e la si mangiava. Inoltre si mangiava la cùca un'altra erba più garba. Si trovano anche adesso: dopo gliele faccio vedere.
Non c'era niente da mangiare. Prima si era nascosta un po' di roba, ma dopo è finito tutto. [...] Si andava Alla Bassa, a Pordenone, Grions, Portogruaro e là si trovava un po' di biava, un po' di frumento, quel che si trovava. Si stava via due tre giorni e si dormiva per i fienili, per le stalle. Si chiedeva al padrone se ci lasciava dormire per la notte. Sempre chiedere.
Si riusciva sempre a portare a casa qualcosa, a volte pagando ma volevano solo soldi italiani, non corone. Noi avevamo un po' di soldi frutto dei risparmi, come si fa nelle famiglie. Quella volta noialtri i soldi li avevamo nascosti e quando si andava Alla Bassa se ne portavano un pochi. [...] Andavano Alla Bassa i nostri genitori, papà e mamma.
Mio papà non era in guerra, mio zio sì (quello del '99).
TCO. Quando ci hanno liberato dai tedeschi mia mamma è andata a Maniago, come tutti.
C'erano di quelli che scrivevano su un tavolino per conto di chi non sapeva scrivere e mia mamma ha mandato una cartolina in America ... perché tutti i paesani che erano in America volevano sapere se erano ancora vivi quelli del Friuli. E quando la cartolina arrivava in America si riunivano tutti i paesani per sentire le ultime novità dal Friuli, dopo un anno sotto i tedeschi.
Come morti, durante l'occupazione, non ne hanno fatti, i tedeschi, ma come prendere roba da mangiare hanno portato via tutto!
D. Si sente dire che sono nati tanti bambini illegittimi, da questi tedeschi?
R. Qua no, non posso dire in altri posti.
Loro badavano al mangiare. Venivano dentro e portavano via tutto.
Quelli della posta - che le ho detto prima ­- venivano da Maniago a portare la posta ai suoi soldati e si fermavano a mangiare i frutti di questo corniolo. Poi proseguivano. Erano in due quelli della posta e venivano su a piedi.
SRT. Quando gli italiani sono tornati a liberarci, sono passati di qua un asino con sopra la mitragliatrice e con una ventina di tedeschi dietro; senza parlare e senza dire niente.
Io e mia mamma abbiamo visto questo asino con la mitragliatrice e i militari che vanno verso l'Austria. Ho detto a mia mamma: «Ma allora siamo liberati, andiamo a vedere a Maniago». Siamo scesi verso Maniago, e quando siamo stati là in mezzo alle gallerie, che c'è il ponte, è arrivato un italiano con la motocicletta e ci ha chiesto:
«I tedeschi sono andati?»
«Sì, sì sono andati.»
Era l'unico italiano, dopo non ne abbiamo trovati altri fino a Maniago.
A Maniago era come una festa anche se non c'era niente. Non c'erano bandiere, soldi non ce n'erano. Niente non c'era, patito la fame; allora era poca festa, non so se mi spiego.
TCO. Quando sono arrivati gli italiani, mia mamma è andata giù a Maniago.
Dappertutto è stata fame. Beh, forse Alla Bassa, laggiù, nei paesi più bassi dove avevano terra, producevano qualcosa nella loro terra. Ma invece qua no.
SRT. Qua era rimasto solo un po' di formaggio perché mio papà aveva 5-6 mucche. Avevamo una stazione di monta che abbiamo tenuto per 37 anni...
TCO. Non so se allora vi siano rimaste le mucche, perché da noi lassù a Poffabro, no.
SRT. Sì, infatti poi hanno fatto piazza pulita anche delle nostre.
TCO. Le galline le nascondevamo. A Poffabro noialtri andavamo su verso quella montagna là (sul Monte Raut) o meglio in località Ai Larcs, dove avevamo una stalla e un fienile. Là avevamo nascosto anche qualche forma di formaggio dentro al fieno.
Un giorno mentre io e mia mamma andavamo lassù a vedere, perché vi si andava tutti i giorni, abbiamo visto i tedeschi che scendevano con le forme di formaggio nel sacco!
SRT. Si nascondeva qualcosa da mangiare anche nei prati, si facevano delle cataste di fascine e dentro vi si nascondeva qualcosa da mangiare; con i topi o senza topi.
In quell'anno niente scuola...
D. Quando sono arrivati gli italiani, dicevate già allora "ci hanno liberato gli italiani" oppure lo dicevate dopo, finita la guerra?
R. No, lo dicevamo in quei giorni "ci hanno liberato gli italiani".
Ci siamo accorti che i tedeschi se ne sono andati, e gli italiani ci hanno liberato. Non c'erano più militari tedeschi.
Alla sera, alle quattro e mezza cinque, venivano sempre su due militari, venivano non per la strada, ma per un sentiero. Se c'era qualcosa da prendere lo prendevano e andavano avanti.
D. E gli sbandati italiani, nascosti, anche loro andavano in cerca di mangiare...
TCO. Sì, ma avevano la loro famiglia. Quelli che erano a Poffabro erano tutti del paese.
SRT. In casa nostra invece c'era uno napoletano e quando si vedevano questi tedeschi nei paraggi lo si avvertiva ... e se non poteva ormai uscire più per la porta, usciva dalla finestra e andava sulla stalla qua in alto, dove di solito si recava anche alla notte per dormire.
*
Era miseria. Oggi c'è abbondanza, diciamo, ma quella volta c'era miseria.
Nella nostra famiglia eravamo in dieci persone. Mia sorella Romana è andata in America, sposata con un Giacomelli ed è ancora là vicino a Filadelfia negli Stati Uniti. Poi avevo altre tre sorelle e un fratello maschio che era andato in guerra. [...]
TCO. In casa nostra invece eravamo sole io e mia mamma. Mio papà era in America e non è tornato per la guerra...

Nastro 1998/13 - Lato A

... perché in America la classe di mio papà (che era del 1881) non è stata chiamata. Invece quelli dell'80 sono dovuti andare.
Da Poffabro in tanti, all'inizio del secolo erano emigrati in America.
SRT. Mio papà era in Istria con mio nonno a fare il boscaiolo.
TCO. Mio papà era nelle "mine" del carbone. È tornato dopo la guerra con un po' di soldi e si è stabilito qua. Poi ha cercato di ritornare via, ma gli mancava una carta, allora è andato in Argentina, dove è rimasto cinque anni e dopo è ritornato a casa per sempre.
D. Poffabro, quanti abitanti ha?
­­– Eh, ce n'è pochi, adesso. Quattro gatti a Poffabro, sotto il comune di Frisanco. Qua erano tutti emigranti.
Mio papà è andato a Graz di 14 anni a pestar grava di stéli in stéli nella strada [a spaccar sassi per la strada, dalle stelle alle stelle, cioè tutto il giorno].
Partivano con un gruppo di paesani di Poffabro. [Andavano nelle cave di ghiaia, a rompere i sassi per stenderli nelle strade].
SRT. La nostra casa è stata fatta nel '700. L'hanno fatta i miei antenati che, dopo aver lavorato quello che serviva per vivere, si aiutavano l'un l'altro a costruire.
Interviene il figlio. Andavano nel torrente a prendere i sassi, poi preparavano la calce, poi andavano nel bosco a prendere la legna. C'era fratellanza. Tutte le case di questi borghi sono di sassi. Sassi e legno.
Mi mostra l'interno della casa.
Il focolare, che adesso usiamo solo per far le castagne. Il camino ha un buon tiraggio e una volta veniva regolarmente pulito dallo spazzacamino: appoggiava la scala all'imboccatura e poi vi si arrampicava fino in cima con "schiena e gambe", per poi ridiscendere, tutto nero. Non è che lo spazzacamino scendesse giù dall'alto, ma vi saliva dal basso.
SRT. Io sono ritornato dalla Germania ammalato, dopo la Seconda guerra. [...]
Mi mostra la ferita che ha sul petto, "ricordo" della Germania.
Tre anni e mezzo di pus. In prigionia, un tedesco mi ha colpito col calcio del fucile. Quando sono arrivato a casa sono andato dal medico e gli ho detto di incidermi, di tagliare. Ho stretto i denti...
In Germania facevano 18 cose con il materiale che noi scavavamo in miniera. L'ultima era la ghiaia, la prima il carbone.
Eravamo nei pressi di dove c'erano i forni crematori. Di mille soldati italiani prigionieri siamo rimasti in 90.
Quando ero in Grecia, avevo un amico che poi è diventato primario pediatra dell'ospedale di Vicenza, ed è ancora vivo. [...]
I tedeschi ci hanno preso in Grecia e ci hanno portato in Germania, anche questo medico, un colonnello. Gli ufficiali li hanno messi su un carro e noi ci hanno portato su una miniera. Io ho lavorato sempre in questa miniera.
Quando sono ritornato dalla Germania, un parente - uno zio - mi ha rintracciato il medico vicentino con cui ero insieme in Grecia. Siamo andati a Monte Berico, e per la strada ho dovuto fermarmi due tre volte, perché lo stomaco mi faceva male: avevo lo stomaco piccolo.[...]
Il mio stomaco è rovinato, e dopo la prigionia devo mangiare come le mucche. A volte, dopo essere stato nello stomaco, il mangiare mi ritorna in bocca e lo devo rimasticare. [...]

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