domenica 26 settembre 2010

Domenico Pelizzo, Faedis UD

Nato il 25 giugno 1907

Nastro 1996/24 - Lato A                           9 ottobre 1996

Io ero piccolo e i tedeschi - vi erano dei colonnelli - mi dicevano «meine kleine». Mi ricordo sempre quelle parole, che volevano dire "tu sei il mio piccolo bambino". Avevo 11 anni.
Oh mi ricordo che veniva sempre questo colonnello in casa a vedere che cosa si mangiava. Qua c'era il comando, e allora cosa succedeva? Io, ero furbacchiotto! Avevamo il pollaio, e andavo a portar via le uova. Lui si è accorto di questa cosa e ha messo la guardia. Si aveva un alveare, e per far scappare la guardia stuzzicavo l'alveare. Uhi! ahi, ahi! ahi! Mi ricordo ancora la guardia, non mi dimenticherò mai.
D. Ma era buono nel complesso o cattivo, questo colonnello?
R. No, buono.
I tedeschi sono stati qua, faccia conto ... erano qua arrivati nel mese di ottobre, si era scappati tutti, noi.
Quando siamo tornati era tutto per aria la casa.
Sono arrivati verso novembre, dicembre ... il comando; poi giugno, e poi ci fu la rivoluzione nel momento che stava per finire.
Il colonnello era austriaco.
Dopo portavano qua dei prigionieri che facevano pietà. Li mettevano là e avevano fatto un gabinetto, con un legno, così. Povera gente!
C'erano anche gli ungheresi, qua, oltre che gli austriaci, tanto è vero che quando si andava in piazza - c'era una guardia in piazza - e noi bambini in fondo alla piazza [si gridava] «gheneraleu!», generale! e si vedevano tutti quanti questi soldati muoversi, mettersi in ordine, e dopo vedevano che non era vero niente. Li prendevamo in giro. Bambini!
Per il mangiare ci si arrangiava: polenta, il mangiare friulano. Quando si faceva la polenta c'era tutto.
[...]
La casa era di nostra proprietà, ed eravamo in sessanta di noi, in quella casa, con tre donne. Mia mamma ha avuto ventidue bambini, mia zia che era sposata ventitre, l'altra zia diciotto; e un'altra zia, sorella di mio padre, venti anche lei.
Avevamo una bella stalla con le mucche, ma ce le avevano portate via ed eravamo restati con due-tre mucche su venti mucche che avevamo prima. Era piena quella stalla, piena. La stalla che si vede adesso è uguale di come era allora.
Io avevo dieci anni e dietro di me avevo ancora quattro sorelle e prima di me ce n'erano altri tre. [...] Lavoravamo una cinquantina di campi, e faccia conto ogni tre campi un ettaro. Era una famiglia che si stava bene.
Si faceva due trecento ettolitri di vino, o refosco o verduzzo oppure americana.
Poi si faceva anche granoturco, ma quella volta i campi non rendevano come adesso: quando facevano dieci quintali al campo era tanto. Di frumento si facevano cinque sei quintali.
Quella volta era così, oggi con l'evoluzione è cambiata. Oggi ne fanno trenta quintali. È cambiata, con la questione dei concimi, tutto là. [... ]

Nastro 1996/24 - Lato B

D. Prima che arrivassero i tedeschi c'erano gli italiani che scappavano, li ha visti scappare, lei, gli italiani?
R. Non posso ricordarmi quello, mi ricordo dei tedeschi perché dopo, quando si era bambini, si era anche "arruolati". Si faceva una finta guerra, sì. Ci si addestrava alla guerra. Si giocava nei boschi, si tirava. Scherzavamo: si metteva le cartucce e con un chiodo così partivano. Cartucce ce n'erano dappertutto. C'erano tante di quelle munizioni da fare spavento e chi le voleva le prendeva su, le altre restavano là.
In quell'appezzamento là, mi ricordo che hanno seppellito non so quante casse di bombe. Non so se le hanno levate, dopo, quello non lo so, ma io ho visto metterle giù, far le buche e metter le bombe sotto. S'intende dopo, finita la guerra.
C'erano tante di quelle munizioni che facevano spavento, dappertutto, di tutte le qualità. C'era la dum-dum, la pallottola dum-dum tedesca, c'era quella inglese, tutte le qualità di munizioni.
Noi bambini si andava a scuola e poi ogni domenica o sabato si andava a giocar di guerra, sulle colline, per distrarsi. No le bambine, solo bambini.
D. Nessun bambino si è fatto male giocando con queste cartucce?
R. No, no, combinazione no.
[Si giocava anche con] una ruota su questa collina quavvia, che si chiama Candè. Era fatta a salti e noi si andava sopra e si mandava giù questa ruota che ci saltava. La ruota era di ferro, quella del carro. Bambini, bambini! Nessuno si è fatto male.
Durante la guerra avevo il fucile fatto proprio con la baionetta e tutto, di legno. Ma ... mettere la cartuccia, premere e partiva. Si spingeva la capsula con una susta [molla] e partiva; soltanto crac e partiva.
Degli italiani passati scappando non ricordo.
Eh, chi l'ha visti! In quel momento è stata una valanga, la ritirata. Ognuno cercava alla più stretta di partire; via, avanti.
Perché era qua a Canebola ... non si ha saputo il nome di chi è stato quel soldato, è stato bravissimo. Tre giorni e tre notti con le metraglie continue. Aveva un tre metraglie ... tac, tac... tre giorni e tre notti continuamente a sparare. Finalmente l'hanno accerchiato i tedeschi e allora l'hanno ammazzato. Tutti dovevano dargli una pestata. L'hanno tagliato a forza di pestare, poverino, non si ha mai saputo chi era.
D. Chi ha detto che l'hanno tagliato?
R. Eh, orco can, sicuro. Quelli di Canebola non sapevano che era un italiano? Lui ha tenuto tre giorni indietro i tedeschi.
Vede lassù la vallata? Si va giù dopo, ed è una strada che arriva in ca' della Jugoslavia. Passavano su, e lui con le mitraglie li ha tenuti indietro per tre giorni.
Lui meritava la medaglia d'oro, quel soldato là; non si è saputo chi fosse.
Noi quando passavano gli italiani in fuga si correva a guardare e basta. Eh, si capisce che si vedevano. Tutti partiti, alla svelta, più che potevano.
Durante l'anno dell'invasione là era il comando, per tutto il periodo che son stati; poi han cominciato a partire: sono rimasti qua fin quando è cominciata la ritirata loro.
C'erano dei prigionieri che avevano per lavorare, e io gli dicevo: «Scappate, scappate! che la guerra è finita. Scappate, non avete paura, la guerra è finita.» Loro avevano sempre paura, sa com'è, prigionieri ... ma io gli dicevo: «Scappate, che ormai la guerra è finita, scappate.»
Non so dove andassero a lavorare. Venivano a prenderli con i birocci, con i cavalli, non c'erano tanti camion quella volta.
Qua ci sono sempre stati militari, da quando siamo ritornati dopo essere scappati fino a quando è finita.
Noialtri si era scappati e siamo ritornati dopo un otto-dieci giorni.
Siamo stati a San Daniele e siamo ritornati perché, dove si doveva andare? C'era tutto un disastro per le strade, nessuno passava. Avevamo tentato di scappare, si era andati via con le mucche, con un pieno di vestiari e tutto quanto, ma dopo, dove deve andare? Siamo arrivati fino a S. Daniele e ritornati indietro.
Fino a S. Daniele tutta una confusione. Chi andava, chi veniva. Bambini, vecchi, preti, tutti. Si aveva anche un prete che era stato insieme.
Tutti insieme, col carro e con le mucche e via, avanti.
Arrivati a San Daniele siamo andati in una famiglia, ci hanno alloggiati e siamo stati là due-tre giorni e poi ripartiti di nuovo verso casa. La famiglia si chiamava Giuliani. C'era un prete in quella famiglia che poi è stato cappellano a Racchiuso.
E là a dormire per terra, ci hanno dato un pezzo di polenta e avanti così, alla buona. Sono stati generosissimi, generosissimi sono stati.
Dopo siamo venuti qua, ritornati, e abbiamo trovato la casa nel massimo disordine. Lenzuola per terra, cavalli che hanno pestato in cucina - perché era grande la cucina - [lasciando] tutto un letamaio. Le lenzuola servivano per i cavalli, buttate sotto tipo strame.
Eh, un disastro era. Il vino ce l'hanno portato via quasi tutto.
Poi bisognava consegnare. Consegnare tanta roba ... nella stalla, oo-op! nella cantina, oo-op!
Pagavano? Sì, col fucile!
Bisognava arrangiarsi alla buona. [Hanno portato] miserie e miserie; quando non c'era non c'era. Anche noi che eravamo una famiglia che stava bene, si stentava.
Mio padre, la famiglia, aveva un qualche po' ... ma abbiamo mangiato tutto. Aveva denaro italiano, ma in tempo di guerra [l'ha speso tutto] per comprare da mangiare. Si doveva pagar caro.
D. Venivano anche profughi da fuori, dal Piave?
R. Oh, non lo so io. Si giocava, si era bambini ... ma noi non abbiamo visto profughi provenienti da altre zone, dal Piave.
Mio padre era a casa con noi, non era andato militare perché erano esonerati quelli che avevano quattro figli e mio padre ne aveva sei.
Mio padre era del 1874 e si chiamava Antonio. La mamma si chiamava Zane Maria, del 1878.
Io ho 89 anni e ho lavorato fino adesso sulle viti. Non posso star fermo, mai.
[...]
Adesso non faccio niente perché son vecchio. Guardo un po' l'orto, un po' di tutto. Prima facevo l'agricoltore, sempre lavorato la campagna. Mi piaceva avere la campagna. Avevo passione. Però è ingrata, è ingrata! Oggi con quel sistema che abbiamo del governo, abbiamo l'industria su, col concime, e i prodotti giù. Questa è la verità.
Mia figlia che lavora dodici campi ha fatto 185 quintali di frumento di grano duro. Pagate le spese non ci son rimasti che due milioni. Grano duro: 30.000 lire al quintale. 185 quintali su quattro ettari e mezzo. Ha fatto un bel prodotto, ma il concime e i "sali" ... un sessanta quintali. [!] I soldi sono andati tutti nel "sale", più le spese di diserbante. Insomma sono restati di netti circa due milioni; l'hanno scorso tre. Io gli ho detto: «non sta mettere niente». Allora si è decisa di fare bosco, con la forestale. Fanno loro, il lavoro e tutto quanto [...].
Ho una fortuna, perché non ho ancora nessun dolore.
Non fumo, ho smesso, son 22 anni che non fumo.
Vino, un bicchiere a pasto, e basta; quello che faccio si vende, si dà via. Grappa, niente: in un mese avrò bevuto mezzo bicchierino, e sì che mi piacerebbe, ma non voglio saperne dell'alcol, lo sento al fegato subito.
Mangio di tutto; a me qualunque cosa! Mangio tutto basta che sia cotto, perché non ho denti. Qualunque roba. Fagioli, patate, zucche, non formaggio perché sono allergico ai latticini.
Fin da bambino, quando mi davano formaggio o latte sempre li rimettevo.
Carne, per dire la verità, mi sono nauseato anche di carne. Mangio un po' di salame, due tre fette di salame. Adesso, per stasera, ho preparato due-tre pomidori, una gamba di radicchio, un bicchier di vino, due tre fettine di salame e stop.
D. Ritornando alla Prima guerra mondiale le viene in mente qualche altro episodio?
R. Eh! più di tanto ... quello che sapevo l'ho detto.
[...]
Perché i tedeschi [...] bisogna provarli, bisogna provare i tedeschi cosa sono. Sono duri.
Io sono stato un anno con gli americani, viva la loro faccia! E con gli inglesi, niente.
Gli americani ci hanno trattati non da vinti, da signori. Perché un maresciallo ci diceva: «State là, dentro nella cucina, mangiate e bevete e non fatevi vedere».
Il primo dell'anno del 1945, ho mangiato di colazione una gallina.
Natale del '44 il maresciallo ci ha portato una marmitta così, piena di tacchini. Eravamo a Caserta, al Palazzo Reale e dopo ci ha messo un bottiglione di cognac, perché vedeva che si lavorava bene. Si faceva pulizia, aiutare a far da mangiare, a preparare. Eravamo disarmati, si era come adesso. Ormai avevano vinto. Si era prigionieri, ma prigionieri per modo di dire, si era amici, come fratelli, si mangiava insieme. Si era là, si andava a prendere un po' di verdura e se la condiva col loro olio, e poi si portava due fiaschi di vino e loro venivano a mangiare con noi. [...]
Mia moglie è giovane ancora, ha solo 80 anni, e in 58 anni di vita coniugale ha persa una sola virtù, non per colpa sua, che è quella di non poter avere figli più. Io dico alle donne moderne: non 22 figli, come mia madre, ma neanche uno o nessuno come loro. Io ho avuto quattro figli.
Ho due medici: una è in pediatria, che è andata in pensione, e una è a Verona, anestesista a Malcesine; più un'infermiera.
Ho lavorato sempre per dare un'istruzione, perché mio padre mi mandava a scuola e ha pianto perché non sono andato a scuola.
Non mi piaceva lo studio, mi piaceva più lavorare, più bestie, avevo passione. Ma l'ingratitudine che c'è arrivata adesso non le so dire. Anche col vino, tante tasse, tante bollette. Ma cosa volete, sto governo. Lasciateci vivere, che facciamo del nostro meglio liberamente, non con questi sistemi qua. Siete voi che ostacolate il commercio. Siete voi che ostacolate tutti. È vero o non è vero? Parliamo onestamente e correttamente, che io son chiaro con le parole, non ho paura di dirle a loro!
Io se fossi capo del governo, sa cosa farei? Tutti li prendo. Tu sei avvocato, e anche il medico: la ricevuta! 

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